martedì 22 aprile 2008

Lettere a un giovane poeta


La tentazione (forte, peraltro) è quella di dire: leggetelo, punto e basta. Ma temo che il mio webmaster non sarebbe d’accordo. Quindi, con un certo imbarazzo, spenderò due parole su di un classico intramontabile.
Scrivere è una necessità, intima, insopprimibile.
Si possono spiegare ( e apprendere) grammatica e sintassi, ma non è possibile trasmettere un bisogno, una passione.
Il giovane Franz Xavier Kappus, alle prime armi con la penna, chiede consigli al grande Rainer Maria Rilke e gli sottopone i suoi primi lavori.
Il poeta, con un’umiltà sconosciuta ai più, comincia un carteggio con il ragazzo e la poesia diventa un punto di partenza per alcune semplici quanto essenziali considerazioni sull’esistenza.
Rilke, con un linguaggio semplice e diretto, vola alto: -….Sforzatevi di amare i vostri stessi problemi….Non cercate per il momento delle risposte, che non possono esservi date, perché non sapreste metterle in pratica, “viverle”. E, precisamente, si tratta di vivere tutto. –
Uno scrittore deve comprendere le proprie necessità di scrittura e, in base a queste, affinare i propri mezzi espressivi, con molta pazienza e prudenza, senza fretta.
Deve ascoltare il proprio mondo, lasciarlo parlare a lungo prima di arrischiarsi a raccontarlo.
L’Auture non si risparmia, parla al giovane con sincerità e senza affettazione. Questo è ciò che pensa della critica e dell’estetica: “Sono prodotti di spiriti faziosi, pietrificati, privi di senso nella loro rigidezza senza vita, oppure abili giochi di parole.”
Scrivere è davvero difficile: si ha davanti il mondo, il linguaggio e sé stessi. Ognuno di questi elementi è regolato da norme proprie e si tratta di trovare il modo di raccontare una storia che ha, a sua volta, regole proprie. Si tratta di far andare a nozze il mondo, sé stessi e il linguaggio per trovare una sola regola che si esprime nel racconto.

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